Non Sono un Bersaglio è un grido, un appello di civiltà e una Campagna internazionale con un focus specifico sulla situazione nazionale, voluta dalla Croce Rossa Italiana per denunciare il costante intensificarsi di attacchi agli operatori sanitari nei teatri di conflitti in tutto il mondo, ma anche in “insospettabili” contesti come le città e le provincie italiane.  “Non sono un bersaglio” è anche l’occasione per il lancio di un ‘Osservatorio’ della Croce Rossa Italiana sulle aggressioni subite dai suoi operatori, con l’intento di censire i rischi legati al volontariato durante le attività svolte, evidenziare i contesti di maggior pericolo, fino ad arrivare all’elaborazione di proposte concrete.

Così lontano

Non è trascorsa una settimana, negli ultimi due anni, senza che il CICR (Comitato Internazionale di Croce Rossa, l’Istituzione indipendente e neutrale che protegge e assiste le vittime della guerra e della violenza armata) abbia registrato un episodio di violenza contro l’assistenza sanitaria: circa 1300 incidenti in 16 Paesi in conflitto o colpiti da altre emergenze. Cifre incredibili e scioccanti. Oltre alle vittime immediate, gli attacchi al personale e alle strutture sanitarie continuano a uccidere migliaia di persone come “conseguenza”, “effetto collaterale”: ossia privandole dell’accesso a un servizio vitale. In guerra esistono delle regole che devono essere rispettate. Attaccare postazioni o personale sanitario viola le norme basilari del diritto internazionale umanitario ed è preoccupante questo tentativo di “normalizzare” gli attacchi verso ospedali, ambulanze e operatori sanitari. Un tentativo che ci fa fare un salto indietro di 150 anni nella conduzione dei conflitti armati e su cui dobbiamo agire. Dal 2017, anno del lancio dell’hashtag, Croce Rossa italiana aderisce alla campagna virale #NotATarget, nell’ambito della più ampia iniziativa “Health Care in Danger”, lanciata sempre dal CICR a seguito della tragedia di alcuni operatori e volontari uccisi in Afghanistan e, poco prima, anche in Nigeria e in Siria. In occasione di “Non sono un bersaglio” sarà lanciato il relativo hashtag  #NotATargetItaly.

Così vicino

Questo tipo di violenze si associa sempre a scenari “lontani”, a Paesi coinvolti da conflitti bellici o di altro tipo. La percezione europea e italiana è che siano aberrazioni che non ci riguardano. Niente di più falso. Tenendo conto dei logici distinguo, la Croce Rossa Italiana ha ritenuto sostanziale denunciare, attraverso “Non sono un bersaglio”, una realtà semisconosciuta o spesso sottovalutata che ci coinvolge “da vicino” e che riguarda anche (e non solo) i volontari CRI: quella delle violenze ai danni dei nostri operatori e/o strutture sanitarie.

Sono 3.000 i casi registrati in quest’ultimo anno, a fronte di solo 1.200 denunce all’Inail. Si tratta di aggressioni a medici e infermieri in ospedale, nei Pronto Soccorso e nei presidi medici assistenziali sparsi per il nostro Paese. Un’urgenza che si sta trasformando in emergenza nazionale. Da nord a sud. Altro drammatico aspetto è quello delle aggressioni agli operatori delle ambulanze e dei danneggiamenti ai mezzi stessi. Non esistono statistiche esatte sul fenomeno ecco perché la CRI ha deciso di istituire l’Osservatorio, proprio per colmare questa lacuna e fornire dati attendibili.

Come Presidente della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (FICR), denuncio da tempo l’acuirsi delle violenze ai danni di chi porta aiuto. Tuttavia, come Presidente della Croce Rossa Italiana ritengo fondamentale questa Campagna, atta a far luce su un preoccupante fenomeno da non sottovalutare. L’opera di sensibilizzazione deve essere fatta ad ogni livello e tutti i governi devono agire per proteggere e far rispettare gli operatori umanitari: perché colpire chi porta soccorso significa annichilire la speranza, la civiltà, il futuro stesso.

 

Francesco Rocca

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